Al convegno sulle analisi merceologiche dei rifiuti solidi urbani in Toscana, ha partecipato anche Retiambiente, gestore del settore dei rifiuti che opera nelle province di Livorno, Lucca, Massa-Carrara e Pisa. Organizzato da Confservizi Cispel Toscana in collaborazione con Utilitalia e con il patrocinio della Regione Toscana, l’evento ha presentato lo studio realizzato dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli studi di Firenze sui risultati delle attività di campionamento svolte dai tutti i soggetti gestori, che nell’arco di due mesi (novembre 2021 e aprile 2022), hanno analizzato in tutto 754 campioni di rifiuti solidi urbani (tratti da raccolte differenziate e indifferenziate, stradali e porta a porta). Ma come si configurano le province servite da Retiambiente nello scenario regionale? Ne abbiamo parlato con il vicepresidente della società, Maurizio Gatti, che è intervenuto al convegno, raccontando la nostra realtà territoriale e traendo spunti positivi e di crescita per l’ambito servito, sia dal punto di vista ambientale, che industriale.
«Tra i dati presentati – ha commentato il vicepresidente Gatti – è stato evidenziato che circa il 9% dei rifiuti totali è costituito da prodotti tessili o pellame, mentre il 6% è formato da prodotti sanitari, come pannolini e pannoloni. Il convegno ha quindi portato alla luce un’esigenza, a cui Retiambiente sta già offrendo una risposta».
Che genere di risposta?
«Nella propria progettazione industriale, che comprende quindi anche i fondi del Pnrr, Retiambiente ha previsto la realizzazione di impianti proprio per il trattamento di rifiuti tessili, pannolini e pannoloni, ottenendo il finanziamento per investire nella zona lucchese di Capannori. Questo ci fa pensare, non solo di poter porre rimedio all’esigenza derivante da quelle frazioni, ma anche di aver anticipato la risposta alla domanda evidenziata dagli studi presentati a Siena».
Tessili e sanitari possono quindi essere ulteriormente intercettati e valorizzati?
«Sì. È già prevista, in Retiambiente, una raccolta separata dei sanitari e dei tessili, già sperimentata a Capannori nella raccolta domiciliare. Abbiamo quindi riscontrato una predisposizione a concentrarci su questi problemi e il convegno appena conclusosi ci ha permesso di avere ulteriori conferme, oltre a fornirci indicazioni ancora più precise per migliorare la raccolta quantitativa e qualitativa dei nostri rifiuti. Con un occhio vigile sulla necessità impiantistica».
Cibo e organico: quanti generi alimentari buttiamo via?
«Troppi. E’ stato messo in luce l’elevato peso del rifiuto organico sul rifiuto totale. Si parla di un 30% di organico sul rifiuto totale raccolto. Di questo 30%, oltre la metà è costituito da generi alimentari. Servirà quindi intensificare lo sforzo educativo e comunicativo, al fine di ridurre lo spreco di cibo»
Parlando di qualità del raccolto, quanta frazione estranea è presente nel rifiuto differenziato?
«Esiste la necessità di migliorare ancora, perché purtroppo si riscontrano ancora materiali estranei, soprattutto nel multimateriale, che presenta un 28% di frazione estranea nella raccolta tradizionale e un 21% in caso di porta a porta. Per altre frazioni, c’è uno scarto meno importante, ovvero un 5% di impurità, ma anche l’indifferenziato presenta talvolta materiali preziosi che potrebbero essere recuperati. Questo ci fa comprendere la necessità di riprendere comunicazioni mirate, concentrandoci in primis su organico e multimateriale, ma estendendo poi l’azione di educazione ambientale verso tutto ciò che può essere separato ancor più correttamente. Il piano industriale prevede di sviluppare anche gli aspetti comunicativi, fondamentali per offrire una consapevolezza ambientale diffusa e una conoscenza del sistema impiantistico, temi necessari ai fini di una transizione ecologica consapevole e di un’economica circolare sempre più indispensabile nella vita sociale».